Le ultime settimane sono state piene di annunci di Spotify. Il gigante dello streaming musicale ha compiuto alcune grandi mosse, dal lancio del suo primo prodotto hardware al lancio di un proprio assistente vocale, arrivando a una nuovissima esperienza desktop ridisegnata.
Nessuna di queste novità però è così controversa come gli aumenti dei prezzi annunciati nelle scorse ore per i clienti in gran parte del mondo.
Tutti gli occhi sono stati concentrati sul rapporto sugli utili del primo trimestre dell’azienda, poiché le voci su un potenziale rallentamento degli abbonati si sono gonfiate durante il fine settimana (il che spiegherebbe l’aumento dei prezzi). Tuttavia, non sembra essere così. Gli utenti mensili totali (o MAU) sono fondamentali per il rapporto sugli utili di questo trimestre.
Sebbene Spotify affermi che la variabilità degli utenti è aumentata, la società evidenzia 356 milioni di MAU per il primo trimestre, in aumento di 11 milioni rispetto allo scorso trimestre e 70 milioni su base annua. Gli abbonati paganti invece hanno raggiunto quota 156 milioni.
Sono numeri al di sotto delle aspettative interne, ma non è il calo significativo di ascoltatori che molti si aspettavano. Sia i MAU totali che gli abbonati paganti sono aumentati rispettivamente del 24% e del 21% su base annuale.
Questi sono numeri piuttosto solidi, ma potrebbe esserci un altro indizio sul motivo per cui i costi di abbonamento stanno aumentando. Mentre le entrate totali hanno registrato un aumento del 16%, le entrate medie per utente Premium (ARPU) sono diminuite del 7% anno su anno a 4,97 dollari. Spotify rileva i suoi aumenti di prezzo come un modo per combattere la diminuzione dell’ARPU, evidenziando un impatto limitato nei 30 mercati in cui i costi Premium sono già aumentati.
Tra l’altro, l’aumento dei costi dell’abbonamento arriva anche in un momento in cui il servizio di streaming è stato criticato a seguito delle accuse di sottopagare gli artisti, il che ha portato al lancio di un sito Web dedicato alla trasparenza per combattere la sua crescente reputazione negativa.
Forse l’unico gruppo non arrabbiato con Spotify al momento è quello dei podcaster, visto l’annuncio del nuovo sistema di abbonamenti personalizzato che ognuno dei podcast può adottare per i propri contenuti esclusivi.